Il supervulcano della Valsesia – Decantico

Il supervulcano della Valsesia

A scuola abbiamo diligentemente imparato i nomi dei vulcani italiani: il Vesuvio, l’Etna, lo Stromboli… ma le nostre solerti prof di geografia hanno ogni volta distrattamente dimenticato di menzionare il vulcano della Valsesia, anzi, pardon, il supervulcano della Valsesia! Per chi durante le ore di lezione si fosse distratto nell’intento di cercare di colpire con le palline di carta la suddetta prof smemorata, ricordiamo che la Valsesia si trova nell’Alto Piemonte. Fin qui nulla di strano. Ma il supervulcano? Possibile che le nostre emerite prof non ne sapessero nulla? 

Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto indietro di qualche anno… per essere più precisi di qualche milione di anni… mese più, mese meno!

Il Supervulcano

La roccia di porfido della cantina
Le Piane

 In principio era la Pangea. Nell’attuale Valsesia si verificarono una serie di violente eruzioni, roba da far sembrare la distruzione di Ercolano e Pompei un barbecue di Ferragosto! 500 Km3 di materiale piroclastico e cenere si riversarono sull’intera area. Passarono parecchi milioni di anni e la placca africana urtò quella europea, determinando il sollevamento delle Alpi. Nella Valsesia l’impatto fu così violento da far risalire il nostro supervulcano, “sdraiandolo” orizzontalmente in superficie per circa 25 Km “come un ricciolo di burro spinto da un cucchiaio”! 

Questo accenno di geologia servirà a spiegare all’attonita prof perché in Piemonte troviamo porfidi e ceneri di origine vulcanica, che compongono i terreni delle DOC di Gattinara, Boca e, in parte, Bramaterra. Sono rocce ricche di minerali, che a contatto con l’ossigeno si sgretolano facilmente, fino a diventare sabbia.

La Spanna

La peculiarità geologica è così rara e preziosa da meritare la tutela dell’Unesco Global Geoparks, che consente agli interessati di passeggiarecomodamente sopra il cono di un  antico vulcano. Sfortunatamente il mondo enologico non presta la stessa lusinghiera attenzione a questa zona vitivinicola… almeno non ancora! Eppure il vitigno che principalmente abita questi pendii è lo stesso che ha reso celebre il Piemonte in tutto il mondo: il Nebbiolo.

Ma un confronto con le Langhe sarebbe del tutto inopportuno! Badate bene, questa non è la versione “low cost” del nebbiolo per assetati consumatori etilici che non possono permettersi i blasonati Barolo e Barbaresco! 

Una delle caratteristiche di questo vitigno infatti, è quella di integrarsi perfettamente nel territorio in cui è riuscito ad adattarsi, sviluppando ogni volta espressioni tipiche e peculiari. Ecco allora che ogni ecotipo prende il suo nickname: Spanna nelle colline novaresi, Prünent nella Val d’Ossola, Picotendro in Valle d’Aosta, Chiavennasca in Valtellina. 

Il Nebbiolo condivide questi pendii con vitigni comprimari, quali per esempio la Vespolina, l’Uva Rara e la Croatina.

Qui si fa la storia!

Bottiglie dell’800 dell’antica Proprietà Sperino

 Anche la storia ha celebrato i vini dell’Alto Piemonte. 

Camillo Benso Conte di Cavour declamava la bontà dei vini di Lessona, paragonandoli a quelli della Borgogna, mentre con spirito patriottico, nel 1870 il ministro Quintilio Sella riempiva i calici di questi rossi autoctoni per brindare all’annessione di Roma al Regno d’Italia. 

Come mai allora oggi sono pochi ad ordinare nella carta del ristorante un vino di Boca o di Lessona? Come mai la loro notorietà non è pari alla loro piacevolezza?

Nel XX secolo l’industrializzazione, il miraggio di attività più remunerative e il conseguente  esodo legato all’emigrazione hanno minacciato di estinzione questi vigneti che, abbandonati, sono stati inesorabilmente inghiottiti dai boschi. 

Ancora oggi, quando arrivate in queste zone, curiosi di ammirare queste vigne, dovete dotarvi del fiuto di un detective per riuscire a scorgere qualche filare tra la fitta vegetazione.

Dallo spettro dell’oblio li hanno salvati alcuni resilienti produttori che hanno pazientemente recuperato i piccoli appezzamenti con tenace determinazione. Infatti la pluriframmentazione dei terreni ha fatto sì che cercare di riunire pochi ettari assomigliasse di più ad una grottesca caccia al tesoro: dopo aver faticosamente rintracciato il legittimo proprietario della parcella, il più delle volte disinteressato – se non addirittura ignaro – bisognava riuscire nell’eroica impresa di convincerlo a separarsene! 

Si narra che il produttore Mario Antoniolo abbia dovuto firmare 50 atti distinti per poter vantare il possesso del celebre vigneto di Gattinara “Osso di San Grato” (poco più di 5 ettari). Che dire? Un calice anche all’indefesso notaio!

Girovagando tra Boca e Lessona

Oggi, percorrendo queste strade, si respira ancora quell’aria malinconica dei luoghi abbandonati da chi se ne è andato in cerca di fortuna. Ma chi è rimasto, chi è tornato, o chi è arrivato, vi accoglierà con un contagioso entusiasmo e con cortese ospitalità, felice di potervi raccontare la propria storia e di farvi degustare la qualità dei suoi vini.

Le Piane

Pioniere del processo di riscoperta e promozione dell’eccellenza di queste denominazioni è stato sicuramente Christoph Künzli, dell’azienda agricola Le Piane. Alla fine degli anni ’90 questo lungimirante svizzero ha scelto di trasferirsi a Boca e di recuperare l’antica tradizione viticola. Oggi Le Piane è l’azienda più grande e conosciuta di questa denominazione, produce vini di alto livello qualitativo. 

Una curiosità: una delle loro etichette è dedicata al tradizionale sistema di allevamento delle colline novaresi, la Maggiorina. Consiste nel legare insieme tre diversi vitigni, e farli correre su quattro pali disposti sugli angoli di un quadrato, in corrispondenza dei punti cardinali. La struttura di questo impianto fu perfezionata dall’architetto Alessandro Antonelli (forse vi sarà giunta voce del suo progetto della Mole Antonelliana a Torino!!!), originario del limitrofo paese di Maggiora, da cui il nome.

Proprietà Sperino

Altra storia degna di essere raccontata è quella legata alla famiglia De Marchi della cantina Proprietà Sperino. 

Alla fine del XX secolo Luca De Marchi si ritira nella storica casa di Lessona, ereditata dai parenti lessonesi Sperino, per trovare in questi luoghi la tranquillità necessaria per ultimare gli studi di filologia romanza. La dimora degli Sperino, medici di professione e viticoltori per passione fino al 1904, era anche la loro cantina. Ancora oggi, scendendo le strette e buie scalette si respira l’odore pungente della storia e lì – custodite da una spessa coltre di polvere e ragnatele – riposano bottiglie di quando l’Italia ancora non era stata unificata! 

Amante dei libri e degli antichi fasti, nel tempo libero Luca comincia a sfogliare il trattato ampelografico e i minuziosi appunti di vinificazione lasciati dai suo antenati. L’amore per i manoscritti si fonde con il sangue di viticoltore che già scorreva nelle sue vene (il papà Paolo è il noto fondatore dell’azienda Isole e Olena nel Chianti) e così all’alba del nuovo millennio padre e figlio riaprono la cantina storica e cominciano una nuova avventura enologica.

Rossi tesi, eleganti e longevi

Le etichette che nascono da queste vigne sono ognuna una diversa espressione dei diversi terroir e dello stile voluto dall’azienda, ma sono generalmente contraddistinti da  profumi delicatamente fruttati; il sorso è fresco, con un corpo solido ed elegante. 

Il marcatore di questi suoli è sicuramente l’acidità, vessillo identitario dei vini di questo areale. 

A voi il compito di degustare e decidere se la prossima volta ordinare un vino dell’Alto Piemonte. A voi l’incombenza di deliberare se condividere l’intuizione avuta dall’imprenditore agricolo Roberto Conterno (il papà dell’iconico Monfortino), che nel 2018 ha qui rilevato la storica azienda Nervi di Gattinara, scommettendo sull’imminente futuro glorioso di queste denominazioni.

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