Nasco: un vino sardo alla corte del re – Decantico

Nasco: un vino sardo alla corte del re

Che ne dite di fare un viaggio attraverso il tempo insieme a me?

Solo per questa volta Emmett “Doc” Brown mi ha prestato la sua DeLorean per approdare direttamente nel 1873: un viaggio di 150 anni che ci porta nel bel mezzo di una folla gremita nel parco cittadino Prater, nel cuore di Vienna, fra i 26.000 espositori che partecipano all’Esposizione Internazionale di Vienna (Weltausstellung 1873), il cui motto è “kultur und erziehung” (cultura e istruzione), fortemente voluta dall’Imperatore Francesco Giuseppe I.

C’è un po’ di tutto qui: ogni nazione ha il suo padiglione e ci si perde fra macchinari industriali, ricostruzioni in scala di porti, come quello di Rijeka, o di intere città, ad esempio Gerusalemme; ci sono invenzioni avveniristiche ed opere d’arte, oltre a spazi dedicati all’istruzione, al lavoro femminile, insieme a manufatti e prodotti dell’agricoltura: proprio fra questi, nell’area dedicata all’Italia, è possibile assaggiare un vino bianco poco conosciuto al di fuori dei confini italiani, ma che nel corso di questa fiera viene giudicato uno dei vini più prestigiosi della Sardegna.

Forse a causa di tale ragione o magari semplicemente perché è molto buono, pochi anni dopo quello stesso vino viene scelto da Vittorio Emanuele III di Savoia per tutti i ricevimenti istituzionali e il suo chef di fiducia dichiara in più occasioni che “Il Nasco è il vero, l’unico vino liquoroso per signore aristocratiche. Il suo posto d’onore è nei ricevimenti di giorno e negli intrattenimenti danzanti”.

Nel 1889, inoltre, il Nasco viene definito dalla Societé Generale des Viticulteurs Italiens a Rome come “uno dei più rinomati vini speciali che dall’antichità hanno contribuito a rendere celebre la produzione vinicola della Sardegna”.


Abbiamo sbirciato abbastanza nella storia e possiamo ritornare al presente, con la curiosità di conoscere meglio un vitigno di cui non si sente parlare frequentemente oggi, nonostante in passato fossero molto apprezzati i vini da esso ottenuti, come abbiamo appena appreso: il Nasco.

Il nome sardo originario, Nascu, deriva dal latino muscus, cioè muschio e fa riferimento alla caratteristica nota muschiata, tipicamente presente fra i profumi dei vini prodotti con queste uve; è proprio all’epoca dei Romani che per la prima volta si parla di tale varietà, allora allevata quasi esclusivamente nell’entroterra dell’area portuale di Karales (Cagliari).

Oggi il vitigno è noto localmente anche con i sinonimi dialettali Resu e Ogu de arrana.

Il Nasco costituisce un ecotipo (cioè una varietà originatasi in loco in tempi molto antichi) ed è considerato un vitigno autoctono sardo, che predilige i climi caldi, secchi e i suoli di natura silico- argillosa, calcarea.

Prima dell’arrivo della fillossera, questa varietà era molto rappresentata all’interno del vigneto sardo e veniva impiegata per produrre soprattutto vini dolci e liquorosi; in seguito, purtroppo, la sua diffusione si è ridotta drasticamente, in favore di vitigni più produttivi.
Nel 1972 ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata (DOC), il cui disciplinare prevede le varianti Nasco di Cagliari (secco e dolce), Nasco di Cagliari liquoroso e Nasco di Cagliari Liquoroso riserva; le zone di produzione consentite dal disciplinare sono le assolate province di Cagliari, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Oristano e il sistema di allevamento tipico è il caratteristico alberello latino, anche se in alcuni casi viene utilizzato il Guyot.

Nonostante tale importante riconoscimento, in quegli anni sempre meno viticoltori erano disposti a continuare ad allevare questa varietà dalle basse ed incostanti rese.

È nel 2009 che il Nasco ha ricominciato a vedere la luce, grazie alla volontà di un noto produttore sardo, Argiolas, di investire nella valorizzazione e diffusione di questo vitigno autoctono, che stava scomparendo: l’enologo Mariano Murru, tramite una razionalizzazione viticola e numerose sperimentazioni volte a perfezionare i processi produttivi del Nasco, è riuscito a dare vita ad un vino secco con uno spiccato potenziale evolutivo, che fin da subito ha avuto un riscontro molto favorevole da parte degli esperti del settore, attirando l’attenzione del pubblico su questo vitigno, salvato dall’estinzione.

Così, la produzione di vino da uve Nasco è passata da 5.000 litri nel 2009 a 100.000 litri nel 2017 ed è in continua crescita, in quanto ormai sono diversi i viticoltori che hanno deciso di dedicarsi all’allevamento di tale varietà.

Iselis Nasco di Cagliari DOC 2019 – Argiolas

L’annata 2019 di Iselis Nasco di Cagliari DOC presenta un luminosissimo colore giallo paglierino con riflessi dorati e ruotando il calice si può apprezzare la sua consistenza, decisamente importante per un vino bianco.
Al naso regala note di ginestra, macchia mediterranea, pesca gialla, frutta tropicale, miele, delicati sentori muschiati e iodati; in bocca le morbidezze sono perfettamente bilanciate da una buona freschezza e da una spiccata sapidità.

Un vino molto equilibrato, con una persistenza notevole e un grande potenziale evolutivo, che si presta perfettamente ad accompagnare cibi piuttosto diversi fra loro: personalmente ho trovato davvero interessante l’abbinamento con crostini di pane con formaggio spalmabile e acciughe del Cantabrico al tartufo, così come quello con formaggi di latte caprino di media stagionatura.

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