
Questione di tappo
Diciamolo, il momento dell’apertura di una bottiglia di vino è sempre realizzato e seguito, dai presenti, con una certa enfasi e normalmente ci si aspetta un tappo di sughero nella bottiglia, legato alla tradizione, materia profumata e naturale, insomma rassicurante.

E spesso si è anche convinti che una bottiglia sigillata con un tappo di sughero abbia al suo interno un vino migliore, come se bastasse questo materiale a garantire la qualità del vino. Naturalmente non è così.
Anche perché, ammesso che possa esistere questa inveritiera correlazione, anche nei tappi di sughero esistono qualità differenti nel tipo di albero, nella zona di produzione e anche nel tipo di estrazione e lavorazione. E gli stessi tappi, come prodotto finito, possono poi avere spessori, altezze, insomma dimensioni davvero diverse e quindi anche costi molto diversi fra di loro.
Inoltre, ogni appassionato sa che il tappo di sughero nasconde una temibile insidia e che si svela solamente dopo avere aperto la bottiglia: la possibilità di sviluppo del tricloroanisolo (TCA), un composto chimico che è il principale responsabile del cosiddetto “odore di tappo” e del conseguente “il vino sa di tappo”. Complessa e variegata la vera ragione per la quale questo composto si possa formare all’interno della bottiglia. Il motivo considerato più comune, o che almeno è stato accertato scientificamente, riguarda una serie di microscopici funghi che possono albergare negli interstizi del sughero del tappo stesso. Questi elementi riescono a combinare i fenoli con i composti contenenti cloro e dare origine al tricloroanisolo.

La sterilizzazione dei tappi, è l’operazione più semplice per limitare l’insorgere dei fenomeni che portano al “vino che sa di tappo”. Questo, e altri metodi, che comunque non riducono a zero la probabilità dell’insorgenza di questo difetto. Il sughero è un materiale straordinario, dal punto di vista fisico e meccanico, la sua struttura gli permette di avere qualità di elasticità notevoli. Non solo, possiede ottime qualità ermetiche, in particolare per i liquidi, e la sua struttura gli consente di “far respirare il vino” facendo passare piccolissime, ma preziose quantità di ossigeno (micro-ossigenazione) da una parte all’altra, fondamentali per la conservazione, la maturazione e lo sviluppo del vino da invecchiamento, conservato in una bottiglia, negli anni. Rimane però la nota dolente dell’odore di tappo, un fatto che, secondo recenti stime, colpisce circa il 3-7% dell’intera produzione mondiale di vino.
Da anni si stanno studiando soluzioni alternative a questo problema e in particolare sono stati introdotti sul mercato i cosiddetti tappi “tecnici”, prodotti con diversi componenti sintetici oppure “a vite” oppure “in vetro”. Queste proposte assicurano un’assoluta ermeticità della bottiglia, preservano l’ambiente ed eliminano la problematica del “vino che sa di tappo”: risultano quindi tecnicamente perfetti per la maggior parte dei vini in commercio, ovvero quei vini che non hanno le caratteristiche per invecchiare e che, quindi, non necessitano del sughero; stiamo parlando di vini bianchi, rosati e anche rossi prodotti per essere consumati entro 1 anno o 2 dalla data di vendemmia.

Queste eccellenti soluzioni si scontrano però con il pregiudizio dei consumatori verso il tappo “tecnico”, non naturale, al quale non si riconosce la stessa dignità del sughero e spesso si ritiene che venga utilizzato per sigillare vini di minore qualità. Di fatto molti produttori, sia in Italia, sia nel mondo, stanno già utilizzando questi tappi in moltissimi vini di qualità, pertanto, il pregiudizio non ha nessun fondamento.
Forse sarà perché i consumatori sono abituati e attratti dall’apparenza piuttosto che dalla sostanza: una bottiglia con una bella etichetta e un tappo di sughero promette un vino eccellente, eppure l’esperienza e i nostri sensi ci insegnano che esistono tante bottiglie con bellissime etichette e tappi di sughero che contengono dei vini non proprio eccellenti, anzi, proprio deludenti.
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