
Pantelleria, la perla nera del Mediterraneo

«Eccola l’isola, nera di lava, verde di vigneti, oro di Zibibbo, gialla di zolfo venato di rosso dalla chimica vulcanica, blu e indaco di mare. Solo l’avvicinamento vale l’intero viaggio. Ecco lo Specchio di Venere, lo chiamano “u bagnu”, azzurro come l’unico occhio di un ciclope folle, spalancato sul cielo in un’interrogazione esterna, senza risposta.»
Le parole di Giosuè Calciura dipingono perfettamente il quadro di questa affascinante isola di origine vulcanica, fatta di sole e di vento, immancabile a tal punto da darle anche il nome: Pantelleria, infatti, deriva dall’arabo “Bent-el-Rhia”, che significa “figlia del vento”.
Più vicina alla costa tunisina che a quella siciliana, l’isola, in provincia di Trapani, ha una superficie di 80 km2 e il suo punto più alto è la Montagna Grande, che raggiunge gli 836 m sul livello del mare; nella parte settentrionale, sorge il meraviglioso Specchio di Venere, un lago vulcanico alimentato da tre sorgenti termali, in cui si narra venisse a specchiarsi la dea della bellezza, Venere, prima di ogni appuntamento con il suo amato Bacco.
Sono tante le leggende legate a Pantelleria, punto di incontro fra le culture araba ed italiana, come quella che racconta dell’amicizia tra una bambina ed un elefante, resa eterna dalla roccia lavica, che forma uno degli scorci più caratteristici dell’isola, il famoso arco dell’elefante.
Ciò che affascina di più di questa terra selvaggia è proprio il vivido contrasto fra il nero della roccia lavica, che si affaccia sul blu del mare ed il verde delle piante di capperi, dei fichi d’India, dei vigneti, che, sfidando il vento e adattandosi ad esso, popolano questi terreni aridi insieme a poche altre varietà vegetali, regalando i loro preziosissimi frutti, apprezzati in tutto il mondo.

L’alberello pantesco
Riconosciuto nel 2014 dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, in quanto pratica agricola altamente sostenibile e creativa, l’alberello pantesco è il sistema di allevamento della vite sull’isola: le piante sono poste all’interno di conche scavate nel terreno e vengono potate in modo che si sviluppino orizzontalmente per resistere al forte vento. Inoltre, questa tecnica di allevamento consente di immagazzinare umidità durante la notte, una preziosa riserva idrica per le viti, che si trovano a dover fronteggiare il clima arido di Pantelleria.
Molto diffusi sono i muretti a secco, costruiti con pietre laviche: in numerose zone, infatti, vengono impiegati per realizzare i terrazzamenti sui quali sorgono i vigneti, come ad esempio nella contrada di Khamma, dove sono collocate alcune delle cantine più note.
La gestione delle viti sull’isola è un significativo esempio di viticoltura eroica e tutte le operazioni in campo non possono che essere svolte manualmente.
La principale varietà allevata, divenuta il simbolo di Pantelleria, è lo Zibibbo o Moscato d’Alessandria, vitigno aromatico, appartenente all’ampia famiglia dei Moscati, conosciuto da chiunque per il celebre passito, anche se in realtà viene vinificato in diverse altre tipologie, quali Moscato, Moscato liquoroso, Moscato spumante, Moscato dorato, passito liquoroso, Zibibbo dolce e bianco (anche frizzante), come previsto dal disciplinare di produzione dei vini Pantelleria DOC.

Il nettare degli Dei
La leggenda narra che Venere e Bacco, durante i loro incontri amorosi, si lasciassero inebriare dalle morbide ed avvolgenti note del passito di Pantelleria e che anche la dea Tanit lo avesse impiegato per conquistare Apollo, di cui si era innamorata: un vino divino, dunque, frutto di ben due vendemmie e di un lento appassimento al sole delle uve. Infatti, per produrre questo passito sono effettuate due raccolte: la prima generalmente verso metà agosto e la seconda a settembre.
I grappoli colti per primi sono posti ad appassire al sole per circa quattro settimane su stuoie o teli di cotone e durante tale periodo vengono frequentemente girati; quindi, si selezionano manualmente gli acini migliori e si aggiungono al mosto in fermentazione delle uve vendemmiate a settembre.
In seguito, ogni cantina decide in quali contenitori e per quanto tempo far maturare il vino prima di imbottigliarlo, nel rispetto del disciplinare di produzione.
Arrivati a questo punto, dopo aver sognato grazie alle leggende e ai panorami mozzafiato di Pantelleria, non ci resta che fare come il commissario Montalbano:
«Allura si versò tanticchia di passito nel bicchiere, affirò un cannolo e principiò a sbafarselo talianno il paesaggio dalla finestra aperta.»
Bellissimo articolo… complimenti!!!
Grazie mille!
Un abbraccio
Uno dei miei vino preferiti, ma non sono mai stato a Pantelleria. Letto questo articolo mi è venuta ancora più voglia di andare!!
Grazie di cuore per le tue belle parole, Stefano!