La Costiera Amalfitana: una bellezza infinita – Decantico

La Costiera Amalfitana: una bellezza infinita

Ogni luogo è bello. Lo splendido paesaggio naturale ed architettonico fa da sfondo a una grande tradizione culturale e a un’eccellente produzione agricola. La produzione vinicola è caratterizzata dal patrimonio di vitigni locali, la cui sapiente combinazione conferisce alla regione la sua forza complessiva.

Storia

Greci, Fenici, Etruschi e Romani, ma anche Vandali, Unni, Goti e Longobardi. Fu sotto la protezione del Ducato bizantino di Napoli che Amalfi iniziò a svilupparsi commercialmente: nell’839, grazie alla possibilità di importare ed esportare ogni tipo di commercio, divenne una repubblica marinara. Fu la dominazione normanna dell’Italia meridionale a determinare il declino di Amalfi. Gli Angioini scacciarono gli Svevi e proclamarono il Regno di Napoli, ma i continui cambi di potere portarono solo miseria; nel XVIII secolo, quando subentrarono i Borboni, riprese l’attività produttiva e il commercio marittimo verso nord di agrumi, pasta, carta e tessuti; i viaggiatori romantici del XIX secolo scoprirono la bellezza incontaminata della costa, che divenne una delle mete turistiche più popolari nel secondo dopoguerra.

Terroir

La Costiera Amalfitana è il versante meridionale della Penisola Sorrentina, che separa il Golfo di Napoli da quello di Salerno. Si estende da Punta Campanella a Vietri sul Mare, in uno scenario di straordinaria bellezza che nel 1997 l’UNESCO ha voluto Patrimonio dell’Umanità, a tutela di un contesto ambientale e architettonico unico al mondo. Il clima gode di escursioni termiche tra il giorno e la notte, condizioni ideali per la coltivazione delle uve. Il terreno, che è stato ripetutamente ricoperto dalle ceneri delle eruzioni del Vesuvio, ha un’atmosfera unica con varie miscele di tufo, argilla e calcare. In passato su questi terreni la vite veniva piantata direttamente sulle macere, cioè su muri di contenimento verticali tra le pietre, per poter utilizzare il terreno sottostante per altre colture. E qui va ricordato che il vignaiolo della Costiera è anche contadino e pescatore, perché in passato solo mettendo insieme il vino, i prodotti della terra e la pesca si riusciva a sbarcare il lunario.

Denominazione

L’area della denominazione Costa d’Amalfi DOC abbraccia 13 comuni tra il mare e l’entroterra. Identifica  3 sottozone:

  • Ravello, “città della musica” delle splendide Villa Rufolo e Villa Cimbrone che dominano il panorama su Maiori e Minori, prevede vigneti che siano composti per i vini bianchi da falanghina e/o biancolella minimo 40% e altri vitigni a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno fino al 60%; per i vini rossi e rosati, piedirosso minimo 40%, sciascinoso e/o aglianico fino al 60% e altri vitigni a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione per la provincia di Salerno fino al 40%; 

  • Furore; il “paese dipinto” è una cascata di piccole case, ulivi e viti, che in un turbine di mare dell’omonimo fiordo, tra fichi d’india e carrubi secolari. È il vino bianco più famoso della Costiera, l’unico il cui il disciplinare imponga una presenza massiccia tra il 40% e il 60% dei vitigni pepella, ripoli, fenile e ginestra; 

  • Tramonti; include tredici frazioni sparse tra le colline dei Lattari, tra chiese e rovine di antichi castelli. Dove il mare è un’ eco di sfondo, è il bosco a dominare il paesaggio. Per fregiarsi della sottozona, il disciplinare stabilisce espressamente una quota minima del 20% del vitigno a bacca bianca locale: il tintore.

I vitigni

Accanto alle note e comuni Aglianico e Falanghina, esistono anche varietà meno conosciute, come la Biancolella. La Biancolella trova il suo habitat ideale nelle zone costiere asciutte, su terreni vulcanici sciolti e richiede una coltivazione con pochi pesticidi. Non ha un’acidità o un contenuto zuccherino molto elevato e non ha un’alta gradazione alcolica. La Peppella è una piccola varietà locale, il cui nome si riferisce alla presenza di grani di pepe nei grappoli accanto ai normali acini, a seguito di una fioritura non sempre perfetta. La varietà Ripoli è coltivata a Furore, Amalfi e Positano e apporta ai vini un’acidità moderata, una buona gradazione alcolica, frutta dolce esotica e note minerali. Il nome Fenire deriva dal colore biondo dorato del fieno, gli acini, che maturano un po’ prima e conferiscono al mosto un moderato contenuto zuccherino e struttura. Il nome Ginestra deriva dagli intensi aromi floreali dell’arbusto. Apporta freschezza e note aromatiche caratteristiche al blend, soprattutto nella sua evoluzione minerale. Il Piedirosso è uno dei vitigni più antichi della Campania, in particolare della zona di Napoli. Conferisce una morbidezza che si sposa bene con altre uve nere e calma il nerbo tannico e l’acido tartarico dell’Aglianico; lo Sciascinoso è simile al piedirosso ed è più coltivato nel napoletano, dove prende il nome di Lacryma Christi. Il Tintore ha origine a Tramonti e presenta intensità cromatica, alcolica ed estrattiva, acidità pronunciata e tannini morbidi.

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