
IL VINO E IL FATTORE D (Donna)
A differenza di quanto si possa pensare, il fattore D – ovvero il fattore Donna – nel mondo del vino ha da sempre il suo peso.
I più, infatti, tendono a porre l’attenzione su quella che gli addetti ai lavori considerano la svolta degli ultimi 40 anni, ossia la presenza, sempre più diffusa, di donne nelle cantine (e non solo) di tutto il mondo, dimenticando che in un passato ben più lontano, quando la viticoltura era davvero esclusiva prerogativa maschile, è stato proprio un manipolo di donne a scrivere alcuni dei passaggi più significativi della storia dell’enologia.

Madame Clicquot è una di queste, così come Lily Bollinger e J.A. Louise Mélin; la Clicquot, rimasta vedova nel 1805, a soli 27 anni, di François-Henri Clicquot, all’epoca a capo della omonima Maison produttrice di Champagne, prese le redini dell’azienda e non si limitò a gestirla ma si impegnò, anche, a migliorarne il prodotto finale. Fu Madame Clicquot, infatti, a inventare il remuage, a studiare diverse ricette per la liqueur d’expedition, a seconda dei mercati cui erano destinate le bottiglie, e a produrre, nel 1810, il primo Champagne Millesimato.

Un’altra donna che si sostituì al marito, dopo la morte di quest’ultimo, fu Elisabeth Law de Lauriston-Boubers, oggi nota a tutti come Lily Bollinger. Fu lei a creare la prima annata della leggendaria Cuvée de Prestige Bollinger R.D., Récemment Dégorgé, e il Vieilles Vignes Françaises.

Non da meno, infine, fu J.A. Louise Mélin, vedova Pomméry; quest’ultima, intuendo che in tema di tendenze culinarie e abbinamenti qualcosa stava cambiando, inventò, nel 1874, il Brut, rovesciando, così, radicalmente lo stile produttivo dello Champagne.
L’affinità – elettiva – tra donne e vino non va quindi vista come una singolarità, così come non va gridato al miracolo quando questa si manifesta, in tutta la sua evidenza; piuttosto, se da un lato ci sono il caso, il destino, la capacità di farsi trovare sulla loro strada e l’aver – soprattutto – qualcosa da lasciare in eredità alla Storia, dall’altro, in particolare per alcune minoranze, non sono mai mancati – e non mancano – gli ostacoli.
In sostanza, la domanda che oggi sarebbe più opportuno porsi – per questo settore come per altri –, non è “Come mai le donne si sono riscoperte, all’improvviso, amanti del vino, viticoltrici appassionate, enologhe scrupolose, imprenditrici illuminate?” quanto, piuttosto, “Perché non siamo stati in grado – o non abbiamo voluto – cogliere prima tale e tanta potenzialità?”.
Passando, in definitiva, dal 1800 ai giorni d’oggi, tante sono le donne che, forti della propria voce, stanno dando una direzione – spesso alternativa, qualche volta nuova – alla nostra tradizione enologica.
Tra le più note, Camilla Lunelli, Elena Walch, Marina Cvetic, ma come non citare Elisabetta Foradori, Arianna Occhipinti e Nicoletta Bocca, artigiane del vino, dalla gestualità misurata, in ascolto costante della Natura.
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