IL VINO DI PALMA
La linfa della vita
La palma è una pianta che in questi ultimi anni ha fatto parlare molto di sé.
Mettendo da parte diatribe salutiste, vi farò scoprire che si può trovare del bello anche da chi non te lo aspetti.
In diverse regioni dell’Africa e dell’Asia Meridionale nasce il Palm Wine o Toddy, una bevanda ottenuta dalla fermentazione della linfa della palma.
Anche se non abbiamo dei riferimenti cronologici ben definiti, il vino di palma era già diffuso nell’Antico Egitto.
Conosciuta con molti nomi differenti, in base al luogo di produzione, questa pratica ha origini molto antiche. (Es. Mimbo, Banghi, Malafu, Tuba, Legmi).
Di grande valenza simbolica, in alcune zone dell’Africa occidentale questa bevanda presenziava in molte cerimonie rituali come matrimoni, nascite o riti funebri. Ma anche come composto medicinale contro le febbri ed infiammazioni cutanee o della congiuntiva.
Come per il vino da uva dove le viti appartengono a varietà differenti, anche per la produzione del vino di palma, le varietà di questa pianta impiegate per la creazione del Toddy, possono essere differenti.
In Africa le più usate sono le palme da datteri, da rafia, da olio o da cocco, in Asia, invece, si impiegano palme ad alto fusto.
Ma come si produce il vino di palma?
Come vi ho già accennato, prerogativa di questa bevanda è la sua particolare creazione.
Per la produzione del vino da palma, infatti, non si adopera il frutto, bensì la linfa della pianta.
L’estrazione della linfa può avvenire in due modi:
- Tramite taglio;
- Tramite incisione.
La prima, prevede il taglio completo del tronco alla base della palma. É una tecnica più rudimentale impiegata in alcuni villaggi. In questo caso è possibile raccogliere la linfa più velocemente e in maggiore quantità, grazie anche all’uso del fuoco che velocizza l’azione di fuoriuscita.
La seconda tecnica, più sensibile anche nell’evitare mattanze, prevede un’incisione nella parte alta del tronco in corrispondenza di un giovane germoglio.
Con attrezzi da taglio come coltelli ben affilati o machete, il giovane germoglio viene sapientemente estratto dal tronco, aprendo così la via verso l’esterno del sottostante canale linfatico.
Verrà quindi posizionato un contenitore che raccoglierà la linfa che fuoriesce.
Già dalle prime ore, la linfa inizia a fermentare.
Ed è qui che entra in gioco lo “chef de palmier” (o se così possiamo definirlo), come un enologo è colui che decide il gusto di questa bevanda.
In base al tempo di fermentazione, infatti, i maestri decidono la percentuale di volume alcolico, che varia dai 4 ai 10°C, e il gusto.
In base al tempo di trasformazione dello zucchero in alcol, il vino avrà un gusto più o meno fresco (sensazione acidula), con un retrogusto tra il dolciastro e l’amaricante, dovuto all’infusione di radici e legni di differente provenienza per equilibrare la preponderanza zuccherina, e caratterizzare il prodotto.
Al palato si avverte, inoltre, una leggera frizzantezza, derivante dalla fermentazione che non viene mai interrotta.
Proprio per questa caratteristica, questa bevanda può essere consumata entro due-tre giorni, poiché la continua attività microbiologica porterà il vino all’inesorabile trasformazione in aceto.
La sua degustazione è un vero e proprio rituale, che di solito avviene direttamente sul posto di produzione. Verrete fatti accomodare col permesso dell’uomo più anziano del villaggio, il quale vi servirà il Palm Wine in bottiglia di vetro, che non potrà essere portata via. Se si desidera acquistare un souvenir è obbligatorio farlo con un proprio recipiente. Prima dell’acquisto è previsto l’assaggio per verificare la bontà del prodotto, data dall’intensità dell’acidità, per confermare o meno la già avvenuta trasformazione in aceto.
L’acquisto in Italia è particolarmente difficile, data l’instabilità del prodotto, quindi se non sapete dove passare le vacanze questa estate, puntate la bussola verso Sud o Sud-Est.
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