
Il peso delle responsabilità (sostenibili)
Ma il vino è sostenibile? Non stiamo parlando dei vini biologici o biodinamici, non ci riferiamo né alla viticoltura circolare, né al corno letame; in realtà non stiamo parlando nemmeno di vini, ma dei loro imballaggi. In breve: l’abito fa il vino sostenibile?
Questo tema sarà affrontato anche a Slow Wine Fair 2025, dal 23 al 25 febbraio a BolognaFiere, nel corso di alcune conferenze durante le quali dei produttori racconteranno le loro scelte etiche che tutelano il Pianeta e la qualità del loro vino.


L’Unione europea per cercare di contrastare il riscaldamento globale ha posto l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Se questo non dovesse accadere, le temperature aumenterebbero fino al punto da rendere critica la sopravvivenza umana in alcune aree della Terra.
Anche il vino, come tutti i prodotti, ha la sua impronta carbonica, per la sua produzione e la sua distribuzione viene rilasciata nell’atmosfera una quantità di gas serra. Se confrontato con altri settori, anche quello agronomico, il comparto vitivinicolo non contribuisce in modo significativo alle emissioni di CO2. Secondo la valutazione riportata all’Assemblea Generale OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) la viticoltura e la vinificazione contribuiscono per il 13%, ma il trasporto e l’imballaggio costituiscono circa il 74% dell’impronta carbonica. Almeno la metà di questa stima è correlata all’uso di bottiglie di vetro monouso, che fanno più danni di Rita De Crescenzo a Roccaraso.

Il vetro è un materiale green: viene prodotto con sabbia silicea fusa ad altissime temperature; è duraturo ed è riciclabile praticamente all’infinito. Eppure si stima che tra 20-30 anni la materia prima sarà difficile da reperire, in quanto risorsa non rinnovabile, quindi limitata; inoltre ogni tradizionale bottiglia di vino genera oltre 1,25 kg di anidride carbonica. In generale questi contenitori sono responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 legate al vino, anche se l’impatto dipende da molte variabili, inclusa la distanza percorsa durante il trasporto. Inoltre la carenza di materia prima e il conseguente aumento dei costi dovrebbero indurre a valutare possibili alternative più etiche e sostenibili. Basti pensare che il prezzo di un’alsaziana è raddoppiato nel giro di pochi anni, mentre in Francia si sta pensando di sostituire i piccoli formati con lattine di alluminio.
Bottiglie di vetro più leggere
Senza dubbio, la scelta più diffusa tra i produttori per una produzione sostenibile è la sgrammatura, ovvero la riduzione del peso delle bottiglie di vetro, che è diminuito fino al 40% rispetto a trent’anni fa. Oggi molti produttori scelgono contenitori da circa 400 grammi. Un impatto significativo se moltiplicato per il numero di bottiglie di vino prodotte e vendute ogni anno. Alcuni sono ancora restii perché temono che le confezioni più leggere siano più fragili. In realtà se ben progettate si sono dimostrate robuste, durevoli e adatte ad essere trasportata su lunghe distanze senza rischio di rottura, imballate in packaging di cartone riciclabile.
La Master of Wine Jancis Robinson si batte da ormai circa 20 anni contro questa tipologia, che definisce “bottiglie da culturista”. Sono utili come gli omaggi delle televendite di materassi, eppure esistono ancora consumatori che credono che il peso dell’involucro sia proporzionale alla qualità del prodotto.

Riuso
Un’altra possibile soluzione consiste nel poter riutilizzare le bottiglie, idea brillante considerando che prima del riciclo potrebbero essere reimpiegate fino a 25-30 volte. Alcune cantine, anche se molto poche e con piccole produzioni, hanno dunque provato ad applicare il vuoto a rendere.
Uno dei principali ostacoli alla diffusione di questo metodo però dipende dal fatto che spesso il vino viene consumato in luoghi molto lontani dal punto di origine. Secondo alcuni studi in termini di sostenibilità il riuso è più vantaggioso del riciclo quando la distanza tra l’azienda vinicola e l’impianto di lavaggio non supera i 60 km, altrimenti i benefici sull’ambiente si riducono. Ovviamente non è una soluzione economica e costa meno comprare una nuova bottiglia che pulire, sanificare e riutilizzare quella vecchia, ma il conto che ci potremmo trovare a pagare con l’ambiente sarebbe sicuramente molto più caro.

Eco-alternative al vetro
Si possono usare contenitori differenti per il vino, anche se la maggior parte dei produttori e dei consumatori è fortemente legata alla tradizione e si mostra poco incline ad accogliere novità. Ovviamente sostituire la bottiglia di vetro è impensabile sui prodotti di fascia alta, ma packaging del vino più ecosostenibili come il riempimento alla spina di piccole damigiane, il bag in box o le lattine potrebbero essere utilizzati per gli entry level o i vini da consumare giovani. Del resto il Tetrapak esiste da decenni e, nonostante i sorrisi sornioni degli enosnob, questo contenitore è indubbiamente perfetto per la tipologia di vino che contengono. Scelta smart.
Alcuni ricercatori hanno progettato e realizzato bottiglie fatte interamente di materiali vegetali, come i semi di lino, di canapa o di soia. Sono ecologiche, leggere, resistenti, durature e con una impronta carbonica fino a 10 volte inferiore a quella della produzione del vetro. Unico problema ancora una volta il costo, in questo caso della materia prima, che si ripercuoterebbe ovviamente sul portafoglio dei consumatori. Ma nel nostro prossimo futuro pagare di più una bottiglia potrebbe essere l’unica alternativa a dover scegliere cosa abbinare alla gustosa bistecca di soia consultando la carta dei succhi di frutta tropicali.

Lungi da me qualsiasi stucchevole omelia climatista-ambientalista, ma l’impellente urgenza impone pratiche concrete. Superiamo i pregiudizi, educhiamo i consumatori, soprattutto i più giovani sempre più attenti alla questione ambientale. Le vendite dei vini calano, le nuove generazioni si allontanano e forse anche dimostrare che un calice di vino è più green di una cola potrebbe fare la differenza. Per l’ecosistema vino e per l’ambiente.
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