Il fenomeno San Leonardo: Il bordolese che sta facendo impazzire gli italiani… e non solo!
Italia e Francia sono regine indiscusse della scena vitivinicola mondiale: due nazioni che – tra cenni d’amore e lampi d’odio – esprimono eccellenze ineguagliabili. I francesi pavoneggiano la combo Champagne-Borgogna. Noi italiani sfoggiamo il tandem Barolo-Brunello. È una lotta senza vincitori né vinti: ma è proprio dall’unione degli sforzi di questi due Paesi che nascono i sogni più belli. I celebri vitigni tipici della zona di Bordeaux (Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc… ma non solo), nelle mani dei sapienti vignaioli italiani, hanno sempre garantito risultati eccezionali. Qualche volta anche decisamente superiori, diciamocelo.
Tignanello, Ornellaia, Sassicaia, Grattamacco: i nomi parlano da soli. Simboli dell’enologia italiana nel mondo, portabandiera della nostra identità e cultura. C’è però un quinto vino in questa personale lista, che merita di esser menzionato e non certo alla fine dell’elenco: il San Leonardo di Tenuta San Leonardo.
Questo nobile vino si sta dirigendo a grande velocità ai vertici delle preferenze mondiali (per i fanatici consiglio di osservare i punteggi e l’andamento del prezzo nelle differenti annate).
Dal 1982, infatti, una stella in più brilla nel firmamento dei tagli bordolesi italiani: è l’intuizione del Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, il primo vero enologo della tenuta, d’innestare in terra Trentina i vitigni bordolesi. Non una novità se si pensa al terroir della zona, ma certamente una consapevolezza diversa – quella del Marchese – dettata dagli studi a Losanna e dall’amicizia con Mario Incisa della Rocchetta… per dirla breve: il Signor Sassicaia. Superfluo ribadire che, nel 1985 appena tre anni dopo l’esperimento, arriverà in cantina un tale Giacomo Tachis. Ma questa è un’altra storia.
Siamo in Trentino, per l’appunto, nella omonima località “San Leonardo” a circa 50 km da Trento: un luogo meraviglioso, dove le montagne e i boschi proteggono le viti dal rigido inverno e la brezza proveniente dal Lago di Garda assicura un ricambio d’aria eccezionale. 300 ettari o poco più nella tenuta, di cui 30 dedicati a vitigno.
Il San Leonardo è un vino importante: 60% Cabernet Sauvignon, 10% Merlot e 30% Carmenère, quest’ultimo, vera anima del bicchiere. Da solo il Carmenère meriterebbe un film: non indicato in etichetta se non dal 2010, fu inizialmente scambiato con il più celebre Cabernet Franc, per un errore d’ordine. E noi tutti ringraziamo di questo errore!
Dopo una fermentazione spontanea in vasche di cemento, il San Leonardo – ora in uscita nell’annata 2016 – viene fatto affinare per almeno 24 mesi in barrique di rovere francese di differenti passaggi.
Anno dopo anno questo vino ha saputo affermarsi e confermarsi come uno dei più grandi vini rossi al mondo. Una eleganza nobiliare, dettata da un equilibrio non scontato a queste latitudini, garantisce una complessità ineguagliabile, che certamente necessita (e merita) del tempo per esser pienamente compresa nelle proprie speziature.
Una cantina che ha saputo fare del tempo un alleato prezioso: dal 2015 ha intrapreso la “svolta biologica”, per riceverne la certificazione nel 2018. Qui la pratica artigianale, portata avanti da veri e propri maestri cantinieri, ha saputo coniugarsi al meglio con le più moderne sperimentazioni. Un vino iconico, che ben valorizza la gamma e la produzione della Tenuta, ottimamente espressa anche dalle loro grappe, vini spumanti e vini bianchi.
Il San Leonardo è un vino che stupisce, che emoziona: è un frammento di Bordeaux in Trentino. Con i pregi dei francesi e i pregi degli italiani. Ne sentiremo parlare a lungo…
Prosit!
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