I vini no o low alcohol – Decantico

I vini no o low alcohol

“Alex inutile e triste come la birra senz’alcol”
Correva l’anno 1996 quando sulla mia Smemo copiavo la frase di Enrico Brizzi in “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”.
Quella frase mi piacque allora e mi piace ancora adesso, quindi avviso il lettore sensibile che questo articolo non sarà eticamente corretto perché redatto dalla penna di una irriducibile tradizionalista che ama il vino nella sua natura primordiale.

Nell’era dell’inclusione totalizzante e della moderna coscienza ecosostenibile, il mercato dei prodotti alternativi ha avuto una crescita esponenziale. Prodotti gluten free, sugar free non sono più riservati a pochi consumatori, i free form fanno tendenza, e sono contornati e supportati da una nutrito esercito corollario: caffè senza caffeina, the senza teina, latte senza lattosio, frutta senza fruttosio, dolci senza uova, senza burro, senza farina e senza zucchero!

In questo variegato menu postmoderno ci siamo perfino abituati all’hamburger vegano… ma signori, confesso di non essere ancora preparata a fronteggiare l’ultima pulsione della religione del benessere privativo: il vino alcool free!

I dealcolati

I dealcolati non sono peccatori di un temutissimo girone infernale, dove Dante rinchiude Robert Parker e James Suckling condannandoli a bere vini senza alcol per l’eternità. I dealcolati sono i vini che secondo i ben informati rappresentano per i consumatori attenti un’alternativa salutare, per i produttori lungimiranti una proficua occasione di aumentare i loro fatturati e per me uno spaventoso epitaffio.

Cerchiamo allora di fare chiarezza e capire di cosa stiamo parlando.

Che cos’è un vino dealcolato?

I dealcolati o dealcolizzati sono vini che subiscono un processo di dealcolazione, totale (se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5 % vol) o parziale (se il titolo alcolometrico è inferiore a quello effettivo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione), per azzerare o ridurre il contenuto di alcol. Esistono nelle tipologie bianco, rosso, rosé e perfino in versione sparkling.

Non si tratta di un generico ed economico succo o mosto d’uva, né del vino annacquato del noto stornello romanesco: togliere l’alcol dal vino è costoso e complicato. Ma a quanto pare questo non ha scoraggiato risoluti e indefessi produttori avanguardisti che hanno applicato tecniche innovative per preservare quanto più possibile i

delicati aromi del vino originario.

La recente normativa che regola questa categoria, limita la produzione a tre diverse pratiche enologiche:


1) La tecnica a membrana che separa l’alcol per osmosi;

2)  La distillazione;

3)  La parziale evaporazione dell’alcol a freddo sottovuoto.

Nel caso in cui si voglia semplicemente abbassare la gradazione alcolica, questi procedimenti vengono applicati solamente ad una piccola frazione di vino, che successivamente verrà incorporata alla massa principale.

Perchè un vino dealcolato?

Se per molti puristi dei baccanali questo rimarrà uno dei grandi interrogativi inspiegabili della vita, per altri le risposte ci sono e sono anche convincenti.
Secondo le statistiche, il 50% della popolazione mondiale non consuma alcol per motivi religiosi o culturali: un vero popolo di astemi e di consumatori silenti che i produttori non possono ignorare. In principio era il Dry January, un’iniziativa che propone di astenersi dall’alcol del mese di gennaio, un periodo di detox catartico dopo gli abusi natalizi. In America si è poi sviluppato un movimento chiamato Sober Curiosity: le persone che vi aderiscono sperimentano la sobrietà per motivi di salute mentale e fisica. Una tendenza sempre più popolare, soprattutto tra i millennials e la Gen Z. A questa lista di potenziali avventori, in ordine di serietà, possiamo aggiungere il malcapitato di turno che deve guidare l’auto, chi è in dolce attesa, chi sta assumendo dei medicinali, chi è ancora under 18, chi sta seguendo una dieta ipocalorica, chi non vuole compromettere le proprie prestazioni sportive, chi sceglie di migliorare il proprio lifestyle tout court, chi si dichiara un ultras delle crociate antialcol portate avanti dall’OMS, chi è in hangover o, al contrario, chi è un astemio riluttante a qualsiasi forma di recupero.

Dove posso trovare i vini dealcolati?

Dealcolati 2

Entrano nelle carte dei ristoranti stellati, a Parigi la nota scuola di cucina francese Ferrandi li affianca a piatti gourmet, vengono serviti ai reali svedesi durante il banchetto in occasione dei primi Nobel. Sono davvero ovunque, eppure trovarli nelle enoteche non è così frequente. Allora dove trovare i vini dealcolati? Esistono siti di e-commerce che trattano esclusivamente prodotti di questo tipo, come Zeroalcol o Myalcolzero.
In Italia anche alcune note aziende si sono cimentate con questa tipologia di bevande, come il produttore Martin Foradori dell’azienda Hofstätter che produce due etichette: Steinbock Alcohol Free Sparkling, in versione bollicine, e Steinbock Selection Dr. Fischer, un vino bianco fermo Riesling Kabinett della Mosella.

I dealcolati hanno lo stesso gusto del vino?

Da sommelier è inevitabile porsi questa domanda e forse è anche legittimo chiedersi se abbia qualche senso giudicare un vino senza alcol secondo i parametri che guidano una degustazione normo-alcolizzata. Ei fu vino, ma tolto l’alcol resta solo una bevanda analcolica.
È inconfutabile il ruolo primario svolto dall’alcol nella degustazione: essendo una sostanza volatile nell’analisi olfattiva contribuisce a trasmettere i profumi del calice e, con il lento scorrere del tempo diventa anche essenziale artefice dei profumi terziari, che arricchiscono il profilo olfattivo del vino. Nella fase gustativa, oltre a generare una sensazione tattile di pseudocalore, partecipa in maniera determinante alla struttura del vino, rendendolo più rotondo e avvolgente, smussando la durezza degli acidi, dei sali e dei tannini. L’alcol è un autentico mentore dell’equilibrio organolettico.

Per questi motivi – spiega Martin Foradori – per ottenere un prodotto finale soddisfacente è necessario produrre dealcolati partendo da varietà che naturalmente producono vini a basso contenuto alcolico e che siano aromatiche, in modo da poter arricchire il calice di profumi e sapore. Un candidato perfetto è non a caso il Riesling scelto dall’azienda.

Contro ogni pregiudizio e scetticismo possiamo concludere che i dealcolati sono un fenomeno in crescita che rispondono a nuove abitudini di consumo, non intendono far concorrenza ai vini tradizionali, rappresentano una nuova opportunità di mercato e possono anche essere stimolanti ingredienti per la mixology, difficile quindi trarre una morale. Consentitemi però di pormi una domanda: come si inseriscono questi vini 2.0 in un contesto culturale come quello italiano, dove il vino è cultura, è storia e tradizione, dove il vino è patrimonio nazionale? Nell’Italia delle osterie e delle fraschette, dove, riuniti intorno ad un tavolo sorridenti, gli italiani intonano “felicità è un bicchiere di vino con un panino”?

Lascio che ognuno trovi la propria personale risposta e concludo con le parole tratte dal libro di Luigi Moio Il respiro del vino:


“Il vino non è fondamentale alla nostra sopravvivenza, non fa parte delle esigenze del nostro organismo. A spingerci a degustare un vino è piuttosto la ricerca del piacere e di emozioni.”

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