Etichette d’autore: “Are you a label drinker?” – Decantico

Etichette d’autore: “Are you a label drinker?”

Scagli la prima pietra chi non ha mai scelto una bottiglia di vino dalla sua etichetta!
Porto sicuro dell’acquirente stordito dalle sterminate offerte che ingolfano le enoteche online, o voluttà estetica degli ultimi dandy, l’etichetta ammicca maliziosamente al cliente confuso, che in pochi risolutivi secondi deve decidere se metterla nel carrello e porre così fine all’affannosa ricerca della bottiglia perfetta.

Argomento così attuale che Andrew Jefford, su Decanter titola “Are you a label drinker?”. Questi bevitori di etichette sono di solito più interessati all’outfit della bottiglia che non al contenuto, ma attenzione a puntare il dito con facile sdegno, perché le vittime di questa iconolatria non sono solo aspiranti wine influencer che interagiscono nello spazio di un post acchiappa like! Nessuno è al sicuro e sono le neuroscienze a spiegarlo, assolvendo da ogni colpa il sommelier fedifrago che confessa di aver almeno una volta ceduto alla seduzione di un’etichetta.

Il neuromarketing analizza il modo in cui l’essere umano compie delle scelte, mostrando come queste vengano inevitabilmente influenzate da processi automatici connessi alla memoria e alle emozioni dell’acquirente. Se si considera che circa l’80% dei consumatori di vino si dichiarano appassionati, ma non intenditori, apparirà chiaro come l’etichetta abbia un ruolo determinante per il successo commerciale di un vino: seduce il consumatore per convincerlo della qualità premium del prodotto: il piacere dell’occhio è il preludio di quello della bocca!

Del resto arte e vino sono un connubio che ha solcato i secoli.
Estro ed ebbrezza: estasi estetica.
Niente di che stupirsi dunque se, alla fine del XIX secolo, alcune aziende vinicole hanno cominciato a nobilitare le loro bottiglie fregiando le loro etichette di opere degne di essere esposte in un museo.

Braque, Picasso, Chagall, Dalì, Warhol, Mirò, Bacon, Balthus, Kandinskij Haring, Koons, sono solo alcuni degli artisti a cui il Barone Philippe Rothschild chiese di firmare le etichette del leggendario Château Mouton, perpetuando una tradizione che dura dal 1945. Arricchiscono la prestigiosa selezione alcuni personaggi d’eccezione come l’ormai King Charles III, che nel 2004 entra in questo wall of fame enologico.

Ovviamente gli artisti non vengono remunerati con del vile denaro, ma con casse del raro e prestigioso Bordeaux.
Nel 2016, a un’asta di Sotheby’s a New York, 10 bottiglie di Mouton Rothschild del 1945 sono state aggiudicate per la modica somma di 343 mila dollari. Se al momento non avete spiccioli per questo tipo di acquisti, potete comunque vedere tutte le etichette fino ad ora prodotte, cliccando su questo link.

Molti produttori si sono lasciati ispirare dall’espressione artistica per personalizzare e distinguere con un’impronta indelebile il vino custodito nella bottiglia.

In Italia non possiamo fare a meno di citare il caso de “Le Pergole Torte” di Montevertine, la cui inconfondibile etichetta fin dal 1982 viene firmata dal famoso artista emiliano Alberto Manfredi. Anche in questo caso l’arte ha contribuito a rendere iconico un vino di eccellenza. L’etichetta è il fil rouge che collega tra loro le diverse annate: come nel calice il vino ogni anno si mantiene nell’essenza, ma si distingue nelle note peculiari della singola vendemmia, così nell’etichetta ritornano gli scarni tratti del viso di una donna che però, come fotogrammi di un cartone animato, mutano ogni volta.

Le etichette dell’artista Alberto Manfredi per Le Pergole Torte

Sempre più cantine oggi scelgono di promuovere la loro brand identity con opere d’arte che rendono i prodotti immediatamente riconducibili all’azienda.
Senza pretendere di essere esaustivi, possiamo citare in questo museo virtuale i trentini Pojer e Sandri che hanno recuperato perfino il carattere delle etichette, studiando gli acquarelli dell’artista del Rinascimento tedesco Albrecht Dürer; a pochi chilometri di distanza l’azienda Franz Haas ha scelto di dedicare il loro pinot nero a Riccardo Schweizer, artista da anni legato all’azienda.

Yoko Ono è solo uno dei personaggi illustri che ha realizzato l’etichetta e la carta seta con cui viene avvolta la bottiglia stessa del Chianti Classico Casanuova di Nittardi; la stessa firma, in compagnia di nomi come Dario Fo, Alda Merini, Mario Luzi, ha contribuito anche alla veste grafica del Vino della Pace della Cantina Produttori di Cormòns; nella stessa cantina, a più riprese, a partire dai primi anni ottanta furono chiamati a decorare le botti di rovere di Slavonia una ventina tra i più importanti artisti della seconda metà del novecento, creando una galleria d’arte unica nel suo genere. Invece le etichette fiabesche e colorate di Stefano Vitale proiettano subito il consumatore negli assolati paesaggi della Sicilia dove nascono i vini di Donnafugata.

Le etichette di Schweitzer per l’azienda Franz Haas
Il tema ricorrente della femminilità
dell’artista Stefano Vitale per Donnafugata

Nel tempo l’etichetta è stata opera d’arte, ma anche documenti storici, raccontano storie, sono spazio di discussione per messaggi sociali e politici, polemiche, invettive, rimostranze, denunce.
Etichetta di protesta titola quella di Borgogno: un campo bianco su cui spicca la scritta “No Name”, un messaggio contro “l’esagerata burocrazia che affligge il mondo del vino” e contro l’arbitrarietà delle bocciature delle commissioni che decidono se fregiare un vino della fascia DOCG.

É anche un manifesto politico invece, sempre a Barolo, l’iconica etichetta di Bartolo Mascarello “No Barrique, No Berlusconi”. L’autorevole produttore tradizionalista, agli inizi degli anni 2000, i tempi di Forza Italia, ha sagacemente provocato per far riflettere sull’importanza della tradizione a dispetto delle tendenze e delle mode che volevano una sacrilega invasione delle barrique francesi nelle Langhe.

Esistono anche due musei in Italia dedicati alle etichette del vino.

Il Museo Internazionale dell’Etichetta del Vino a Cupramontana (AN), dove ogni anno viene assegnato il premio nazionale “Etichetta d’oro”. Dispone di oltre centomila pezzi: un’originale raccolta di etichette per bottiglie di vino provenienti da ogni parte del mondo. Accanto alla collezione storica, una raccolta contemporanea e la selezione artistica, con centinaia di bozzetti ispirati al vino di famosi artisti italiani e stranieri.

Il Wine Labels Collection, invece è lo spazio dedicato alla collezione di 282 mila etichette, messa a disposizione dal professor Cesare Baroni Urbani di Sirolo al Comune di Barolo, che a sua volta l’ha messa a disposizione del WiMu di Barolo. Cliccando su questo link è possibile cercare le etichette presenti nella collezione.

Dunque cari sommelier dall’innato gusto estetico scegliete pure l’etichetta che più vi piace: …e il naufragar m’è dolce in questo mare.

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