Dimmi che tappo usi e ti dirò chi sei. – Decantico

Dimmi che tappo usi e ti dirò chi sei.

Nella grande lotta tra la tradizione è l’innovazione, c’è sicuramente finita la diatriba tra chi è legato alla tradizione del tappo di sughero, e chi invece lo trova superato. Chi oggi si schiera a favore delle nuove tecnologie, sostiene che non si possa, ora che abbiamo la possibilità di evitare, far scegliere al caso il destino della bottiglia che verrà messa in commercio.

Che il sughero abbia una storia fatta di malattie e scarsa affidabilità, riscontrabili con un abbassamento della qualità del vino che andava a chiudere, è sicuramente palese. Chi si affida alla tradizione però, parla ancora di un materiale vivo, che permette la respirazione, il lento scambio con l’ossigeno e la conseguente evoluzione del vino che è alla base del mistero e del fascino delle bottiglie.

Anche il mercato però vuole una sua parte in questo discorso, e se è vero che la tradizione italiana premia il sughero, è altrettanto vero che il mercato internazionale ha ormai scelto da anni di favorire il commercio di bottiglie chiuse con il tappo “Stelvin”, e cioè quello classico a vite. Era il 2011 infatti, quando Constellation Wines U.S., il più importante gruppo vinicolo americano, annunciò che avrebbe iniziato a tappare tutta la propria produzione con il tappo a vite. Questo esempio, seguito anche in molti altri Paesi, porta i consumatori internazionali a preferire bottiglie con questa tipologia di tappo, tagliando spesso fuori i produttori italiani rimasti fedeli al sughero.

Un altro distinguo va fatto sulla tipologia di vino: nel compromesso tra questi due mondi, possiamo dire che il tappo Stelvin è perfetto per vini giovani, spesso bianchi, di pronta beva e che non debbano vivere a lungo e invecchiare in bottiglia; per questi vini anzi, il tappo Stelvin è una benedizione, poiché isola completamente il vino dell’esterno (e dallo scambio con l’ossigeno) preservando la natura del vino anche oltre la normale tempistica. Pensiamo ad una vacanza in cui scopriamo un vino bianco che ci piace tanto: avrà senso portarne a casa grosse quantità, sapendo che con il tappo in sughero quel vino aperto tra un anno non sarà più lo stesso? Se invece siamo amanti del vino rosso d’annata, allora non possiamo prescindere dal sognare di riconoscere tutti i sentori dell’evoluzione di quel vino, accettando anche che talvolta qualcosa non abbia funzionato; ecco allora che il tappo in sughero torna alla ribalta, con tutta la sua carica storica ed emozionale.

Ma a fare concorrenza al sughero, non c’è solo lo Stelvin. Oggi troviamo anche bottiglie chiuse con tappi in vetro e tappi in silicone, che hanno la stessa caratteristica dello Stelvin di non reagire a contatto con il vino e di non far passare l’ossigeno all’interno della bottiglia.

Infine, uno sguardo anche al prezzo; ad oggi non esiste competizione: il tappo a vite Stelvin costa molto meno che un tappo di sughero di bassa qualità.

Insomma una dura lotta tra quello che vuole il mercato, quello che vuole la tradizione, quello che dice la scienza e quello che impone al tecnologia. Chi vincerà questa battaglia è duro a dirsi, e probabilmente prevarrà un dualismo destinato a durare nel tempo. Quel che è certo, è che non possiamo arrenderci all’immagine di un sommelier che ci porta al tavolo la nostra bottiglia appena ordinata e invece di stapparla… ce la svita.

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